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LE MODIFICHE DI PIÙ SPICCATO INTERESSE NOTARILE ALL’ESECUZIONE FORZATA DI CUI AL D.L. 27 GIUGNO 2015, N. 83, CONVERTITO CON MODIFICAZIONI DALLA LEGGE 6 AGOSTO 2015, N. 132

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Pubblicato da Associazione Notarile 302 - 98
15 Settembre 2015
Categoria:   Articoli

Sommario: BREVE PREMESSA; I. LE NOVITÀ DELLA FASE AUTORIZZATIVA DELLA VENDITA; 1. L’istanza di vendita; 2. La determinazione del valore dell’immobile e i nuovi compiti dell’esperto; 3. Il provvedimento per l’autorizzazione della vendita; II. LE MODIFICHE AL SISTEMA DELLA PUBBLICITÀ: LA PUBBLICAZIONE DEGLI AVVISI DI VENDITA SUL CD. “PORTALE DELLE VENDITE PUBBLICHE” E LA NUOVA IPOTESI DI ESTINZIONE DEL PROCESSO ESECUTIVO; 1. La pubblicità degli avvisi; 2. Le modalità di pubblicazione sul portale delle vendite pubbliche; 3. L’estinzione del processo esecutivo conseguente all’omessa pubblicità sul portale delle vendite pubbliche; III. LA FASE DELLE OFFERTE; 1. Le offerte di acquisto; 2. La deliberazione sulle offerte; 3. La gara tra gli offerenti; 4. Le ulteriori modalità di presentazione delle offerte di acquisto, di prestazione della cauzione, di versamento del prezzo; IV. GLI ESITI DELLA VENDITA; 1. Il versamento del prezzo, le nuove facoltà e la decadenza dell’aggiudicatario; 2. L’assegnazione; 3. Il provvedimento di disposizione dell’amministrazione giudiziaria o di incanto; V. LA DELEGA DELLE OPERAZIONI DI VENDITA; 1. L’obbligatorietà della delega delle operazioni di vendita; 2. La revoca della delega; 3. Il ricorso al giudice dell’esecuzione ai sensi degli artt. 534-ter e 591-ter e il reclamo ex art. 669-terdecies; 4. Le nuove modalità per l’iscrizione negli elenchi dei professionisti delegati; VI. L’ESPROPRIAZIONE EX ART. 2929-BIS COD. CIV; 1. La logica della norma; 2. I soggetti legittimati e i presupposti applicativi; 3. Gli atti compresi nel perimetro applicativo; 4. La contestazione dei presupposti applicativi nelle sedi delle opposizioni ex artt. 615 e 619 cod. proc. civ.; VII. LE ALTRE MODIFICHE AL PROCESSO ESECUTIVO (CENNI); 1. La sospensione parziale dell’efficacia esecutiva del titolo (art. 615 cod. proc. civ.); 2. L’avvertimento, nell’atto di precetto, della possibilità di ricorrere alla procedura di gestione della crisi di sovraindebitamento (art. 480 cod. proc. civ.) ; 3. Le modifiche in tema di conversione del pignoramento (art. 495 cod. proc. civ. ) ; 4. L’albo dei custodi giudiziari (art. 169-sexies disp. att. cod.proc.civ.) ; 5. Il termine per la cessazione dell’efficacia del pignoramento (art. 497 cod. proc. civ.) ; 6. La vendita a mezzo di commissionario (ex artt. 532, 533 e 534-ter cod. proc. civ.); 7. Il pignoramento di autoveicoli (art. 521-bis cod.proc.civ.); 8. Le modifiche alla vendita con modalità telematiche (art. 161-ter. disp. att. cod. proc. civ.); 9. Le modifiche alla ricerca telematica dei beni da pignorare (art. 492-bis cod. proc. civ.; artt. 155-quater e 155-quinquies disp.att. cod. proc. civ.); 10. L’iscrizione a ruolo del processo esecutivo per espropriazione a cura di soggetto diverso dal creditore (art. 159-ter disp. att. cod. proc. civ.); 11.Le novità in tema di pignoramento presso terzi (artt.545,546,548,549 cod.proc.civ.); 12.Le misure di coercizione indiretta; VIII. La disciplina transitoria.

 

BREVE PREMESSA

È stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 192 del 20 agosto 2015 -Suppl. Ordinario n. 50- la legge n. 132/2015 di conversione con modificazioni del d.l. n. 83/2015 (pubblicato nella G.U. del 27 giugno 2015, n. 147 (1)), recante misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria. Si tratta di un nuovo esempio del ricorso alla decretazione d’urgenza con cui s’introducono (tra le altre innovazioni) modifiche di indiscutibile rilievo in materia di esecuzione forzata.

Le seguenti note intendono offrire un quadro riepilogativo degli interventi legislativi in discorso, evidenziando i fini perseguiti dal legislatore all’interno della specifica fase del processo esecutivo interessata dai medesimi. E’ conferito maggior spazio alle novità di più immediato interesse notarile, riguardanti: l’iter delle procedure esecutive immobiliari, modificato al fine di migliorarne la funzionalità e incrementare la capacità attrattiva della vendita forzata; la disciplina della delega delle operazioni di vendita, ove è finalmente sancita l’obbligatorietà della delega, salvo particolari esigenze di tutela delle parti; l’espropriazione di beni oggetto di vincoli d’indisponibilità o di alienazioni a titolo gratuito ex art. 2929-bis cod. civ., la quale sembrerebbe incidere anche sull’obbligo di informativa proprio del notaio.

Si propone, inoltre, una brevissima ricognizione delle ulteriori modifiche al processo esecutivo e si conclude richiamando la disciplina transitoria, ove prevista.

 

  1. LE NOVITA’ DELLA FASE AUTORIZZATIVA DELLA VENDITA

Il legislatore, per rendere più celere ed agevole il raggiungimento dello scopo della fase liquidativa, interviene sulla fase autorizzativa della vendita riducendo alcuni termini processuali e, soprattutto, innovando i contenuti dell’ordinanza di vendita e della redazione di stima dell’esperto, di guisa da ottenere anche l’effetto di rafforzare l’informativa al potenziale acquirente, di cui è nota l’importanza, anche in chiave deflativa rispetto alle eventuali azioni esperite dall’aggiudicatario tese a far valere la mancanza di qualità del bene (cd. aliud pro alio).

 

  1. L’istanza di vendita (art. 567 cod. proc. civ.)

Il legislatore riduce, da 120 a 60 giorni, i termini:

  • per il deposito dell’istanza di vendita, corredata della documentazione ipocatastale, ovvero della certificazione notarile relativamente al ventennio antecedente il pignoramento;
  • che il giudice dell’esecuzione può concedere, per giusti motivi e su istanza dei creditori o dell’esecutato, una sola volta, ai sensi del secondo comma dell’art. 567;
  • che il giudice dell’esecuzione concede allorché ritenga che la documentazione depositata sia incompleta.

 

  1. La determinazione del valore dell’immobile e i nuovi compiti dell’esperto (artt. 568 cod. proc. civ; 173-bis disp. att. cod. proc. civ.).

Il legislatore àncora la determinazione del valore dell’immobile oggetto di pignoramento a parametri ben delineati, recependo in parte le indicazioni della prassi tra cui, su tutte, il riferimento al “valore commerciale” del bene. All’uopo, arricchisce di nuovi contenuti la redazione della stima dell’esperto.

Il decreto muta i parametri per determinare il valore dell’immobile pignorato:

  • il giudice dovrà aver riguardo “al valore di mercato sulla base degli elementi forniti dalle parti e dall’esperto nominato ai sensi dell’articolo 569, primo comma”;
  • l’esperto dovrà: effettuare il calcolo sulla base della superficie dell’immobile (puntualizzando il valore per metro quadro nonché il valore commerciale); esporre analiticamente gli adeguamenti e le correzioni della stima, anche in ordine all’eventuale riduzione del valore di mercato praticata a causa dell’assenza della garanzia per vizi nell’espropriazione forzata, nonché per le eventuali spese condominiali insolute; puntualizzare “gli oneri di regolarizzazione urbanistica, lo stato d’uso e di manutenzione, lo stato di possesso, i vincoli e gli oneri giuridici non eliminabili nel corso del procedimento esecutivo”.

All’uopo, ai sensi del novellato art. 173-bis disp. att. cod. proc. civ., la relazione di stima dell’esperto dovrà contenere la specificazione:

 

  • in caso di opere abusive, dell’eventuale possibilità di sanatoria ai sensi dell’articolo 36 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 e gli eventuali costi della stessa; ovvero, la verifica sull’eventuale presentazione di istanze di condono, con l’indicazione del soggetto istante, la normativa in forza della quale l’istanza sia stata presentata, lo stato del procedimento, i costi per il conseguimento del titolo in sanatoria e le eventuali oblazioni già corrisposte o da corrispondere; in ogni altro caso, la verifica che gli immobili pignorati si trovino nelle condizioni previste dall’articolo 40, sesto comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 ovvero dall’articolo 46, comma 5 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, specificando il costo per il conseguimento del titolo in sanatoria;
  • della circostanza che i beni pignorati siano gravati da censo, livello o uso civico, dell’eventuale affrancazione dai detti pesi, “ovvero che il diritto sul bene del debitore pignorato sia di proprietà ovvero derivante da alcuno dei suddetti titoli”;
  • dell’importo annuo delle spese fisse di gestione o di manutenzione, delle eventuali spese straordinarie già deliberate anche se il relativo debito non sia ancora scaduto, nonché delle eventuali spese condominiali non pagate negli ultimi due anni anteriori alla data della perizia;
  • e, infine, l’informazione dello stato di eventuali procedimenti giudiziari relativi al bene pignorato.

 

  1. Il provvedimento per l’autorizzazione della vendita (art. 569 cod. proc. civ.)

Il legislatore, intervenendo sul primo comma dell’art. 569 cod. proc. civ., dimezza il termine entro cui il giudice deve provvedere alla nomina dell’esperto ed alla comparizione delle parti, fissandolo in quindici giorni decorrenti dal deposito dell’istanza di vendita. Modifica, altresì, il termine massimo che può intercorrere tra la data del provvedimento de quo e quella dell’udienza di comparizione, riducendolo a novanta giorni (in luogo del previgente termine di centoventi giorni). Ancora, interviene sulle modalità di accettazione dell’incarico dell’esperto, il quale dovrà prestare “giuramento in cancelleria mediante sottoscrizione del verbale di accettazione”.

Le novità più significative sono contenute nel terzo comma della norma in discorso.

Il legislatore elimina l’inciso presente nel previgente testo, secondo cui il giudice disponeva la vendita “se non vi sono opposizioni o se su di esse si raggiunge l’accordo delle parti comparse”. Oggi la norma, esordisce semplicemente con “nel caso in cui il giudice disponga con ordinanza la vendita forzata”.

Innova, inoltre, i contenuti dell’ordinanza di vendita, già oggetto di una profonda revisione ad opera delle riforme attuate nel 2005. In quella sede, fu reso obbligatorio il passaggio attraverso la vendita senza incanto, riformata in maniera significativa secondo i suggerimenti della prassi, e fu perfezionato il procedimento di vendita con incanto, al quale si accedeva in caso di esito infruttuoso del precedente esperimento.

Oggi l’ordinanza de qua deve contenere, con ancora maggiore precisione, la sequenza procedimentale relativa alla vendita: il giudice deve specificare, in aggiunta agli elementi già indicati dalla vecchia formulazione dell’art. 569, “le modalità con cui deve essere prestata la cauzione, se la vendita è fatta in uno o più lotti, il prezzo base determinato a norma dell’articolo 568, l’offerta minima, il termine, non superiore a centoventi giorni dall’aggiudicazione, entro il quale il prezzo dev’essere depositato, con le modalità del deposito”; come nella precedente formulazione, con la stessa ordinanza il giudice, inoltre, fissa, al giorno successivo alla scadenza del predetto termine, l’udienza per la deliberazione sull’offerta e per la gara tra gli offerenti di cui all’articolo 573. Peraltro, al fine di agevolare la presentazione delle offerte d’acquisto, con l’ordinanza di vendita, il giudice può disporre che la presentazione dell’offerta d’acquisto e la relativa prestazione della cauzione possano avvenire “con sistemi telematici di pagamento ovvero con carte di debito, di credito o prepagate o con altri mezzi di pagamento disponibili nei circuiti bancario e postale” (cfr. art. 173-quinquies disp. att. cod. proc. civ.).

Altra importante novità riguarda il versamento del prezzo: il giudice dell’esecuzione, quando ricorrono giustificati motivi, può disporre che “il versamento del prezzo abbia luogo ratealmente ed entro un termine non superiore a dodici mesi”.

 

  1. LE MODIFICHE AL SISTEMA DELLA PUBBLICITÀ: LA PUBBLICAZIONE DEGLI AVVISI DI VENDITA SUL CD. “PORTALE DELLE VENDITE PUBBLICHE” E LA NUOVA IPOTESI DI ESTINZIONE DEL PROCESSO ESECUTIVO

E’ noto che l’espropriazione immobiliare in tanto riesce a perseguire la sua finalità tipica di realizzazione coattiva del credito in quanto adeguate forme di pubblicità riescano a coinvolgere la platea più estesa possibile di potenziali acquirenti. Grazie alle modifiche che saranno tosto illustrate, il legislatore continua il percorso teso a potenziare il sistema pubblicitario, superando il frammentario sistema della pubblicazione degli avvisi di vendita per ogni tribunale davanti al quale si svolge il processo esecutivo (2) con la creazione del cd. “portale delle vendite pubbliche”, ove saranno pubblicizzati gli avvisi, peraltro, a pena di estinzione del processo esecutivo giusta il disposto dell’art. 631-bis cod. proc. civ., norma introdotta dal decreto 83/2015 e significativamente modificata dalla legge di conversione.

 

  1. La pubblicità degli avvisi (art. 490 cod. proc. civ.)

Il legislatore stabilisce, all’art. 490 cod. proc. civ., che gli atti esecutivi di cui deve essere data pubblica notizia siano inseriti sul portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia denominato “portale delle vendite pubbliche”, e rende la pubblicità sui quotidiani meramente eventuale; essa potrà, infatti, essere disposta “anche su istanza del creditore procedente o dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo”. Si è prontamente rilevata l’indeterminatezza di questa dizione normativa, ipotizzando che la forma di pubblicità così prevista potrebbe essere disposta dal giudice dell’esecuzione o d’ufficio o su istanza, oltre che del creditore procedente o intervenuto titolato anche del debitore, il quale, del resto, è interessato a vendere alle migliori condizioni possibili (3).

 

  1. Le modalità di pubblicazione sul “portale delle vendite pubbliche” (art. 161-quater disp. att. cod. proc. civ.)

Il dl n. 83 ha introdotto, nelle disposizioni di attuazione del codice di rito, l’art. 161-quater, il quale, in parte modificato dalla legge di conversione, detta le modalità di pubblicazione della pubblicità sul portale.

La pubblicità dovrà essere effettuata a cura del professionista delegato per le operazioni di vendita o del commissionario o, in mancanza, dal creditore procedente o (grazie alla significativa modica apportata dalla legge di conversione) dal creditore intervenuto munito di titolo esecutivo in conformità alle modalità tecniche prescritte (entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente disposizione) dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della Giustizia. Tali modalità saranno rese disponibili mediante pubblicazione sul “portale delle vendite pubbliche“. Si puntualizza che, ove la pubblicità riguardi beni immobili o beni mobili registrati, la pubblicazione non potrà essere effettuata fin tanto che non sarà fornita la prova dell’avvenuto pagamento del contributo per la pubblicazione. Concretamente, il portale delle vendite pubbliche dovrà inviare all’indirizzo di posta elettronica ordinaria o certificata – ad ogni interessato che ne abbia fatto richiesta e che si è registrato mediante una procedura ad hoc – un avviso contenente le informazioni relative alle vendite di cui è stata effettuata la pubblicità. Il mancato funzionamento dei sistemi informatici è attestato dal responsabile dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia.

 

  1. L’estinzione del processo esecutivo conseguente all’omessa pubblicità sul portale delle vendite pubbliche (art. 631-bis cod. proc. civ.)

Il legislatore, inoltre, introduce, all’art. 631-bis cod. proc. civ., una nuova ipotesi di estinzione del processo esecutivo che il giudice dichiara con ordinanza qualora non venga effettuata, per cause imputabili al creditore pignorante o all’intervenuto titolato (4), la pubblicità sul “portale delle vendite pubbliche” nel termine stabilito dal giudice stesso. La previsione dell’imputabilità della causa della mancata attuazione della pubblicità, al creditore pignorante o all’intervenuto titolato, è frutto dell’opportuna correzione ad opera della legge di conversione del decreto legge.

La norma prosegue stabilendo che si applicano le disposizioni di cui all’articolo 630, secondo e terzo comma; pertanto, l’estinzione opera di diritto ed è dichiarata, anche d’ufficio, non oltre la prima udienza successiva al verificarsi della stessa, con ordinanza del giudice dell’esecuzione soggetta al rimedio del reclamo. La norma precisa, altresì, che la disposizione non si applica allorché la pubblicità sul portale non sia stata effettuata a causa di inefficienze dei sistemi informatici del dominio giustizia, sempreché tale circostanza sia attestata dal responsabile dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, a norma dell’articolo 161-quater disp. att. cod. proc. civ.

 

III. LA FASE DELLE OFFERTE

Le modifiche relative alle offerte di acquisto mirano a ridurre i tempi della vendita, tentando di diminuirne il più possibile gli esperimenti, nonché ad agevolare la possibilità di offrire, facendo leva, in particolare, sia su limiti più bassi per l’accoglimento dell’offerta, sia sull’istituto della fideiussione. Nel medesimo senso si legga anche l’intervento deputato a circoscrivere la discrezionalità del giudice nell’individuazione della migliore offerta.

 

  1. 1. Le offerte d’acquisto (art. 571 cod. proc. civ.)

La riforma introduce, al secondo comma dell’art. 571, la possibilità che l’offerta d’acquisto sia inferiore al prezzo determinato ai sensi dell’art. 569, stabilendone l’inefficacia nell’ipotesi in cui sia inferiore di “oltre un quarto al prezzo stabilito con ordinanza”.

 

  1. La deliberazione sull’offerta (art. 572 cod. proc. civ.)

Quanto alla deliberazione sulle offerte, il legislatore stabilisce – abbassando il limite contenuto nella previgente formulazione dell’art. 572 (che si riferiva all’offerta superiore al prezzo ex art. 568, aumentato di un quinto) – che è senz’altro accolta “l’offerta pari o superiore al valore dell’immobile stabilito nell’ordinanza di vendita”. La possibilità di dar luogo alla vendita in base ad un’offerta inferiore al prezzo stabilito nell’ordinanza di vendita, in misura non superiore ad un quarto, ai sensi dell’art. 572, è subordinata alla valutazione secondo cui non vi sarebbe seria possibilità di conseguire un prezzo superiore con una nuova vendita e, altresì alla circostanza che non siano state presentate istanze di assegnazione ai sensi dell’art. 588. Il legislatore, inoltre, circoscrive la discrezionalità relativa all’individuazione della migliore offerta ai seguenti parametri: l’entità del prezzo, le cauzioni prestate, le forme, i modi e i tempi del pagamento nonché ogni altro elemento utile indicato nella medesima offerta (5).

 

  1. La gara tra gli offerenti (art. 573 cod. proc. civ.)

Il dl. 83 del 2015 ha modificato il primo comma dell’art. 573 aggiungendo l’inciso “in ogni caso” alla prescrizione secondo cui, qualora siano presentate più offerte, il giudice invita gli offerenti alla gara sull’offerta più alta.

Il secondo comma della norma in discorso, dal canto suo, come modificato dalla legge di conversione, prevede che “se sono state presentate istanze di assegnazione a norma dell’articolo 588 e il prezzo indicato nella migliore offerta o nell’offerta presentata per prima è inferiore al valore dell’immobile stabilito nell’ordinanza di vendita, il giudice non fa luogo alla vendita e procede all’assegnazione” (6). Ai fini dell’individuazione della migliore offerta, il giudice deve considerare l’entità del prezzo, le cauzioni prestate, le forme, i modi ed i tempi del pagamento nonché ogni altro elemento utile indicato nell’offerta stessa.

La legge di conversione ha anche aggiunto un comma dal seguente tenore: “Se il prezzo offerto all’esito della gara di cui al primo comma è inferiore al valore dell’immobile stabilito nell’ordinanza di vendita, il giudice non fa luogo alla vendita quando sono state presentate istanze di assegnazione ai sensi dell’articolo 588”.

 

  1. Le ulteriori modalità di presentazione delle offerte d’acquisto, di prestazione della cauzione di versamento del prezzo” (art. 173-quinquies disp. att. cod. proc. civ.)

Come si è già visto nell’esplicazione dei nuovi contenuti dell’ordinanza di delega, l’offerente, ai sensi dell’art. 173-quinquies delle disp. att. cod. proc. civ., può presentare l’offerta d’acquisto e prestare la cauzione mediante sistemi telematici di pagamento o mezzi di pagamento disponibili nei circuiti bancario e postale. La cauzione può essere versata mediante “fideiussione autonoma, irrevocabile e a prima richiesta, rilasciata da banche, società assicuratrici o intermediari finanziari che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di rilascio di garanzie e che sono sottoposti a revisione contabile da parte di una società di revisione”. Tale fideiussione deve essere rilasciata in favore della procedura esecutiva ed è escussa dal custode o dal professionista delegato su autorizzazione del giudice.

 

  1. GLI ESITI DELLA VENDITA

Sulla medesima linea di quelli sin qui segnalati, gli interventi relativi ai possibili esiti della vendita mirano a rendere maggiormente appetibile l’acquisto in sede di espropriazione forzata (si pensi alla facoltà dell’aggiudicatario di pagare il prezzo della vendita a rate con la relativa previsione della possibilità dell’autorizzazione all’immissione nel possesso dell’immobile, sempreché sia stata prestata la fideiussione), ovvero a garantire un esito comunque fruttuoso della procedura espropriativa, facendo leva sull’istituto dell’assegnazione.

 

  1. Il versamento del prezzo, le nuove facoltà e la decadenza dell’aggiudicatario (artt. 574 e 587 cod. proc. civ.)

Si è visto, nella segnalazione delle novità circa l’art. 569 cod. proc. civ., che il giudice dell’esecuzione, quando ricorrono giustificati motivi, “può disporre che il versamento del prezzo abbia luogo ratealmente ed entro un termine non superiore a dodici mesi”.

Qualora l’ordinanza di vendita abbia previsto questa possibilità, con il decreto con cui dispone il versamento del prezzo e il relativo termine, il giudice, ai sensi dell’art. 574 cod. proc. civ., può autorizzare l’aggiudicatario, che ne faccia richiesta, ad immettersi nel possesso dell’immobile venduto, a condizione che sia prestata la fideiussione, autonoma, irrevocabile e a prima richiesta (di cui si è detto supra), per un importo pari ad almeno il trenta per cento del prezzo di vendita.

La fideiussione deve essere escussa, su autorizzazione del giudice, dal custode o dal professionista delegato, i quali la trasmettono a favore della procedura esecutiva, a garanzia:

  • del rilascio dell’immobile, entro trenta giorni dall’adozione del provvedimento conseguente all’inadempienza dell’aggiudicatario che abbia mancato di corrispondere, nel termine stabilito, anche solo una rata del prezzo;
  • nonché del risarcimento dei danni eventualmente arrecati all’immobile.

I provvedimenti relativi all’inadempienza dell’aggiudicatario (la decadenza dall’aggiudicazione, la perdita della cauzione a titolo di multa e la disposizione della nuova vendita) si applicano anche se, nell’ipotesi in cui sia stata disposta la vendita con prezzo rateale, l’aggiudicatario non versi anche una sola rata del prezzo di vendita entro dieci giorni dalla scadenza del termine fissato. In tal caso, viene disposta la perdita, a titolo di multa, delle rate già versate e, con lo stesso provvedimento, cui è attribuita l’efficacia esecutiva per il rilascio, viene ordinato all’aggiudicatario (che sia già stato immesso nel possesso) di rilasciare l’immobile al custode.

 

  1. L’assegnazione (artt. 588 e 589 cod. proc. civ.)

Il termine per presentare l’istanza di assegnazione, per il caso in cui la vendita non abbia luogo, è modificato in dieci giorni prima dell’udienza fissata per la vendita (in luogo dei dieci giorni prima della data dell’incanto). Col chiaro intento di rendere quest’istituto meno desueto, il legislatore stabilisce che l’istanza di assegnazione deve contenere l’offerta di pagamento di una somma non inferiore a quella prevista dall’art. 506 (id est, delle spese di esecuzione e dei crediti aventi diritto di prelazione anteriori a quello dell’offerente) e al prezzo base stabilito per l’esperimento di vendita per cui è presentato (la vecchia formulazione della norma si riferiva al prezzo di stima dell’immobile ex art. 568).

 

  1. Il provvedimento di disposizione dell’amministrazione giudiziaria o dell’incanto (art. 591 cod. proc. civ.)

Se né la vendita, né l’assegnazione, abbiano avuto luogo, il giudice dell’esecuzione dispone l’amministrazione giudiziaria del bene, ovvero emette la nuova ordinanza di delega onde procedere all’incanto, ma solo ove ritenga che di tal guisa si possa realizzare un prezzo superiore alla metà del valore del bene, come determinato a norma dell’art. 568 cod. proc. civ.

Il giudice, peraltro, può anche stabilire diverse condizioni di vendita, effettuando un ribasso del prezzo precedente sino al limite di un quarto. Se, al secondo tentativo, la vendita non ha luogo perché non vi sono offerte, ma vi sono domande di assegnazione, è disposta l’assegnazione con termine entro cui l’assegnatario deve versare l’eventuale conguaglio.

 

  1. LA DELEGA DELLE OPERAZIONI DI VENDITA

Con le modifiche in discorso, il legislatore consacra l’istituto della delega delle operazioni di vendita quale strada obbligata, salvo specifiche esigenze di tutela delle parti, onde procedere alla vendita; inoltre, fa leva sull’istituto della sanzione della revoca della delega per rendere più celere e maggiormente controllabile l’iter delle procedure espropriative. Nondimeno, manca di puntualizzare i presupposti della revoca della delega e di prevedere espressamente uno strumento impugnatorio contro la stessa. Prescrive, inoltre, lo strumento del reclamo ex art. 669-terdecies (in sostituzione dell’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 cod. proc.civ.) contro il provvedimento che il giudice dell’esecuzione pronuncia sulle difficoltà insorte nell’esecuzione (all’uopo richiesto dal professionista delegato, o dal commissario nell’ipotesi ex art. 534-bis), ovvero sul reclamo avverso gli atti del professionista ex artt. 534-ter o 591-ter.

 

  1. L’obbligatorietà della delega delle operazioni di vendita (artt. 534-bis e 591-bis cod. proc. civ.)

E’ benvenuta l’introduzione dell’obbligatorietà della delega delle operazioni di vendita sol considerando gli straordinari benefici che il processo di espropriazione forzata ha tratto grazie al ricorso a tale istituto (7). Dispongono in tal senso sia l’art. 591-bis, per l’espropriazione immobiliare, sia l’art. 534-bis, per l’espropriazione mobiliare. Ciò dovrebbe condurre, quantomeno da tale angolo prospettico, all’uniformità, in tutto il territorio nazionale, dello svolgimento delle procedure esecutive mediante la delega delle operazioni di vendita, anche nelle aree in cui ciò, sino ad ora, non è avvenuto (8). Ai sensi del secondo comma dell’art. 591-bis, tuttavia, “il giudice non dispone la delega quando, sentiti gli interessati, ravvisi l’esigenza di procedere direttamente alle operazioni di vendita a tutela degli interessi delle parti”. È evidente che la disposizione conferisce al giudice un potere discrezionale particolarmente rilevante, il quale dovrebbe essere legato a circostanze oggettive e fondarsi su specifiche esigenze di tutela delle parti (si pensi alle ipotesi di incompatibilità ambientali, ove, a salvaguardia del corretto svolgimento della procedura, il giudice potrebbe non disporre la delega) (9).

Quanto all’individuazione in concreto dei professionisti delegabili, la norma ripropone la precedente formulazione secondo cui i notai abbiano “preferibilmente” sede nel circondario (10).

 

 

  1. La revoca della delega delle operazioni di vendita

L’ultimo comma del novellato art. 591-bis prevede che “il giudice dell’esecuzione, sentito l’interessato, dispone la revoca della delega delle operazioni di vendita se non vengono rispettati i termini e le direttive per lo svolgimento delle operazioni, salvo che il professionista delegato dimostri che il mancato rispetto dei termini o delle direttive sia dipeso da cause a lui non imputabili”.

Si tratta di un intervento poco puntuale e inappagante che trascura le perplessità e le esigenze già sollevate dalla dottrina (11) in merito alle riforme del 2005. Si rammenta che la revoca della delega al professionista, che non rispetti i termini assegnatigli dal giudice (sia il termine finale sia quelli intermedi) per il compimento delle operazioni delegate, può rappresentare – soprattutto se disciplinato con maggiore rigore- uno strumento in grado di assicurare maggior controllo sui tempi della procedura: in effetti, com’è stato evidenziato, i termini assegnati al professionista diverrebbero tutti perentori e non meramente ordinatori, diversamente da quanto accade nell’ipotesi in cui la procedura sia gestita in prima persona dal giudice (12). Al professionista delegato si concedono le garanzie del contraddittorio preventivo all’irrogazione della sanzione (la norma prescrive che il professionista deve essere “sentito”), nonché la possibilità di provare che l’inadempienza alle prescrizioni contenute nell’ordinanza di delega derivi da causa non imputabile). Il legislatore, però, tradisce le attese (13) mancando di puntualizzare i presupposti della revoca; di individuare un rimedio impugnatorio della sanzione, di cui parte della dottrina ha già da tempo evidenziato la necessità di ordine costituzionale (14). Tale profilo costituisce uno dei più rilevanti problemi aggravati da quest’intervento legislativo.

 

  1. 3. Il ricorso al giudice dell’esecuzione ai sensi degli artt. 534-ter e 591-ter e il reclamo ex 669-terdecies

Secondo gli artt. 534-ter e 591-ter, quando nel corso delle operazioni di vendita insorgono difficoltà, il professionista delegato (ovvero anche il commissario nell’ipotesi di vendita di beni mobili) possono rivolgersi al giudice dell’esecuzione, il quale provvede con decreto. Avverso tale decreto o contro gli atti del professionista delegato (o del commissario, nell’ipotesi di cui sopra), le parti e gli interessati possono proporre reclamo con ricorso allo stesso giudice, che provvede con ordinanza. Contro il provvedimento del giudice è ammesso, alla stregua delle innovazioni da ultimo apportate (il dl. n. 83 ha sostituito il terzo comma dell’art. 534-ter mentre la legge di conversione è intervenuta nello stesso senso sull’art. 591-ter), il reclamo ai sensi dell’art. 669-terdecies c.p.c. e non più l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 (precedentemente richiamato da tali norme).

 

  1. Le nuove modalità per l’iscrizione negli elenchi dei professionisti delegati (art. 16 novies del dl. 18 ottobre 2012, n. 221 “Modalità informatiche per le domande di iscrizione e per la tenuta all’albo dei consulenti tecnici, dell’albo dei periti presso il tribunale, dell’elenco dei soggetti specializzati per la custodia e la vendita dei beni pignorati e dell’elenco dei professionisti disponibili a provvedere alle operazioni di vendita”).

Cambiano le modalità per presentare la domanda di iscrizione negli elenchi dei professioni disponibili a provvedere alle operazioni di vendita: esse devono essere inserite, a cura dei soggetti che le propongono, esclusivamente con modalità telematiche e in conformità alle specifiche tecniche che saranno stabilite, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, dal responsabile per i sistemi informatici automatizzati dal ministero della giustizia e pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale nonché sul sito internet del Ministero della giustizia.

 

  1. L’ESPROPRIAZIONE EX ART. 2929-BIS COD. CIV.

Il dl. 83 incide anche sul codice civile, inserendo nel titolo IV del libro VI del codice civile, la sezione I-bis ove, con l’art. 2929-bis cod. civ. (15) (cui la legge di conversione non ha apportato modifiche), disegna l’espropriazione di beni oggetto di vincoli d’indisponibilità o di alienazioni a titolo gratuito (16).

Alla stregua di questa norma, il creditore può procedere in executivis, se munito di titolo esecutivo, e se si ritenga pregiudicato da un atto del debitore di costituzione di vincolo di indisponibilità o di alienazione, avente ad oggetto beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri, compiuto a titolo gratuito in data successiva a quella in cui è sorto il suo credito. Il creditore che voglia avvalersi di tale forma di esecuzione non necessita della previa declaratoria di inefficacia relativa dell’atto pregiudizievole, occorrendo soltanto che trascriva il pignoramento entro un anno dalla trascrizione dell’atto stesso (decorso l’anno, dunque, egli potrebbe solo agire con l’azione revocatoria ex art. 2901 c.c.). Ai sensi dell’ultimo inciso del primo comma, il “creditore anteriore” può intervenire nell’esecuzione da altri promossa entro un anno dalla trascrizione dell’atto pregiudizievole.

Qualora assuma che il pregiudizio delle ragioni creditorie derivi da un atto di alienazione, l’azione esecutiva deve essere promossa nelle forme dell’espropriazione contro il terzo proprietario, ex art. 602 ss. cod. proc. civ.

Il debitore, il terzo assoggettato ad espropriazione e ogni altro interessato alla conservazione del vincolo possono contestare i presupposti di cui al primo comma della norma (quali il pregiudizio, il tempo in cui è sorto il credito rispetto all’atto dispositivo, il titolo esecutivo, quantomeno nell’ipotesi di cui al primo comma), deducendo che il debitore medesimo non era a conoscenza del potenziale pregiudizio delle ragioni creditorie, scaturente dall’atto posto in essere.

Di seguito si accennerà brevemente, per quanto si possa in questa sede, alla logica ad essa sottesa, agli elementi che ne circoscrivono l’ambito, alle possibilità di difesa dei soggetti aggrediti esecutivamente.

Va detto che la norma parrebbe integrare l’obbligo di informazione proprio del notaio circa gli atti che rientrano nel suo ambito applicativo. E’ d’uopo sin da ora precisare che, secondo la disposizione transitoria prevista (ex art. 23, comma 6, dl. n. 83), essa si applica alle procedure esecutive iniziate successivamente al 27 giugno 2015. Si è prontamente osservato che la lettura costituzionalmente orientata della disposizione transitoria in discorso induce a ritenere che l’art. 2929-bis si applichi alle procedure esecutive instaurate dal 27 giugno 2015, ma al fine di sottoporre a siffatta forma di esecuzione beni che siano oggetto degli atti, di cui al primo comma della norma, posti in essere successivamente alla predetta data (17).

 

  1. La logica della norma

La logica sottesa all’art. 2929-bis cod. civ. dovrebbe essere quella di affrancare la tutela esecutiva degli atti a titolo gratuito compiuti dal debitore, in pregiudizio delle ragioni creditorie, dalla necessità di una previa declaratoria di inefficacia degli stessi.

Sino ad oggi, il creditore che riteneva di essere leso da un atto dispositivo del debitore, poiché preordinato a diminuire la garanzia patrimoniale nei suoi confronti, doveva proporre un’azione revocatoria onde ottenerne la dichiarazione di inefficacia. Solo dopo questo momento, avrebbe potuto aggredire esecutivamente il bene. Con la modifica in discorso, invece, il creditore che reputi di essere danneggiato da un atto dispositivo (di cui al primo comma della norma) posto in essere dal debitore, ha immediata azione esecutiva, sempreché trascriva il pignoramento entro un anno dalla trascrizione dell’atto pregiudizievole (decorso l’anno, dunque, egli potrebbe solo agire con l’azione revocatoria ex art. 2901 cod. civ.). Non si tratta della prima volta che il legislatore svincola dal bisogno di un accertamento preventivo la tutela esecutiva, che, invero, è completamento necessario ma non necessariamente vincolato al processo di condanna. Si pensi alla tematica dei titoli esecutivi stragiudiziali, che consentono il ricorso al processo esecutivo senza il necessario e preventivo passaggio attraverso il processo cognitivo; in tali casi, la cognizione del diritto a procedere ad esecuzione forzata è successiva e meramente eventuale poiché rimessa all’iniziativa del debitore (ex art. 615 cod. proc. civ.) o del terzo proprietario (ex art. 619 cod. proc. civ.). Si badi, però, che l’ipotesi di cui all’art. 2929-bis in parte differisce dalla logica sottesa ai titoli esecutivi stragiudiziali, ove il legislatore fa leva sul requisito della certezza del diritto consacrato nel titolo. Con la norma in discorso, invero, il legislatore svincola dall’accertamento preventivo l’aggressione di alcuni beni, ma sulla base delle mere affermazioni del creditore (stimando – o almeno questa dovrebbe essere la possibile valutazione di opportunità operata – quantitativamente minori i giudizi cognitivi istaurati con le opposizioni ex art. 615 e 619 rispetto a quelli che ne sarebbero sorti al fine di ottenere la revocatoria degli atti). In sostanza, la tecnica utilizzata sembrerebbe analoga a quella dell’inversione dell’onere della prova: è il debitore a dover provare l’inesistenza del pregiudizio che l’atto, di cui al primo comma della norma in discorso, avrebbe arrecato alle ragioni creditorie.

 

 

  1. I soggetti legittimati e i presupposti applicativi della norma

Ai sensi del primo comma della norma, è legittimato ad agire in executivis il creditore, munito di titolo esecutivo, che vanta un credito sorto in epoca anteriore all’atto dispositivo del debitore da cui si ritiene pregiudicato, sempreché trascriva il pignoramento nel termine di un anno dalla data in cui l’atto è stato trascritto.

Ai sensi dell’ultimo inciso di cui al primo comma, il “creditore anteriore” – dunque, sempre il creditore che vanta un credito sorto prima della trascrizione dell’atto dispositivo – entro un anno dalla trascrizione dell’atto dispositivo del debitore, può intervenire “nell’esecuzione da altri promossa”. Potrebbe dubitarsi se l’intervento de quo sia ammesso solo nella procedura espropriativa istaurata ai sensi del primo comma (ergo, dal creditore munito di titolo esecutivo che si reputi pregiudicato da un atto dispositivo del debitore), ovvero anche in qualsivoglia espropriazione immobiliare. La lettera dell’ultimo inciso di cui al primo comma non limita l’intervento de quo al solo creditore munito di titolo esecutivo. Naturalmente, per istaurare la procedura espropriativa di cui al primo comma, occorre che il creditore abbia il titolo esecutivo (18), che com’è noto, “si atteggia come presupposto speciale di ammissibilità del processo esecutivo” (19).

Il primo comma dell’art. 2929-bis fa leva sul concetto di pregiudizio, mentre l’ultimo comma stabilisce che il debitore, il terzo o qualsiasi soggetto interessato alla conservazione del vincolo possono contestare non solo i presupposti di cui al primo comma, ma anche la consapevolezza da parte del debitore del danno derivante dal suo atto dispositivo agli interessi del creditore.

Ai fini della definizione dei contorni applicativi della norma, sembrerebbe assumere fondamentale importanza la ricostruzione delle nozioni del “pregiudizio” e della “consapevolezza”. All’uopo, potrebbe essere d’ausilio l’interpretazione giurisprudenziale in ordine all’azione revocatoria di cui all’art. 2901 cod. civ., di cui si riferiscono brevemente gli approdi.

Quanto al cd. eventus damni, la giurisprudenza ritiene non necessaria “la totale compromissione della consistenza del patrimonio del debitore”, reputandosi sufficiente “soltanto il compimento di un atto che renda più incerta o difficile la soddisfazione del credito” (20). Il momento storico, “in cui deve essere verificata la sussistenza dell’eventus damni (…) è quello in cui viene compiuto l’atto di disposizione dedotto in giudizio ed in cui può apprezzarsi se il patrimonio residuo del debitore sia tale da soddisfare le ragioni del creditore, restando, invece, assolutamente irrilevanti, al fine anzidetto, le successive vicende patrimoniali del debitore, non collegate direttamente all’atto di disposizione” (21).

Quanto all’elemento soggettivo, la giurisprudenza reputa che l’intento frodatorio del debitore sia integrato (non necessariamente dalla specifica conoscenza da parte del debitore del pregiudizio che l’atto arreca al creditore, ma) dall’effettiva consapevolezza del carattere pregiudizievole del proprio comportamento che investe la riduzione della garanzia patrimoniale generica.

La relazione cronologica intercorrente tra credito e atto impugnato incide sulla diversa intensità che l’intenzione fraudolenta del debitore deve assumere ai fini dell’accoglimento dell’azione. Nel caso di anteriorità del credito, il n. 1 dell’art. 2901 richiede la dolosa preordinazione del debitore nel senso che il compimento dell’atto dev’essere stato finalizzato alla precostituzione di una situazione di insolvenza in vista della successiva assunzione dell’obbligazione. Nell’ipotesi di atti successivi al sorgere del credito è, invece, sufficiente la semplice conoscenza nel debitore del pregiudizio derivante dal proprio atto alle ragioni creditorie (22).

 

  1. Gli atti compresi nel perimetro applicativo della norma

Quanto all’ambito applicativo, la norma discorre di atti del debitore, aventi ad oggetto beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri:

  • di costituzionedi vincoli di indisponibilità;
  • o di alienazione a titolo gratuito.

In primo luogo, possono escludersi dal suo ambito applicativo gli atti a titolo oneroso. Conseguentemente, dovrebbe essere preclusa la possibilità di attaccare, ai sensi della stessa, l’atto dell’acquirente del donatario.

Vi rientrano gli atti di trasferimento a titolo gratuito e i vincoli di indisponibilità.

La nozione di pregiudizio sembrerebbe illuminante anche per comprendere che tipo di atti rientrano in questa norma, inducendo a chiedersi se vi rientrano solo gli atti con effetti traslativi (quali, a mero titolo di esempio, la donazione, il patto di famiglia, il fondo patrimoniale con trasferimento di beni immobili, il trust non autodichiarato), ovvero se possano costituire atti pregiudizievoli delle ragioni creditorie anche gli atti senza effetti traslativi (quali, a titolo esemplificativo, il fondo patrimoniale senza trasferimento di beni immobili, il comodato, il trust autodichiarato, il vincolo di destinazione ex art. 2645-ter cod.civ.).

Sembra utile ricordare in questa sede, quanto alla disciplina dei rapporti tra i vincoli di indisponibilità e il pignoramento, la disposizione di cui all’art. 2915 cod. civ., la quale commina l’inefficacia, nei confronti dell’esecuzione pendente, di tutti gli atti che impongono vincoli di indisponibilità se trascritti dopo il pignoramento o se non aventi data certa rispetto ad esso. L’articolo 2929-bis, dal canto suo, consente al creditore che si afferma pregiudicato da un atto del debitore di aggredire esecutivamente i beni oggetto del vincolo, se trascrive il pignoramento entro il “termine di un anno dalla data in cui l’atto è stato trascritto”.

 

  1. La contestazione dei presupposti applicativi nella sede delle opposizioni ex artt. 615 e 619 cod. proc. civ.

Il debitore, il terzo assoggettato ad espropriazione e ogni altro interessato alla conservazione del vincolo possono contestare i presupposti di cui al primo comma della norma (quali il pregiudizio, il tempo in cui è sorto il credito rispetto all’atto dispositivo, il titolo esecutivo, quantomeno nell’ipotesi di cui al primo comma), deducendo la mancata conoscenza da parte del debitore del potenziale pregiudizio delle ragioni creditorie, scaturente dall’atto posto in essere. La sede di tali contestazioni è quella delle opposizioni esecutive, e sembrerebbe:

  • opposizione all’esecuzione se il bene sia rimasto nel patrimonio del debitore;
  • opposizione di terzo all’esecuzione se il bene sia già entrato nel patrimonio del terzo.

 

Va rilevata, in primo luogo, l’inversione dell’onere della prova che si crea nella sede delle opposizioni esecutive. Invero, mentre in sede di azione revocatoria, il creditore deve dimostrare l´intento fraudolento del debitore, alla stregua di questa disposizione, il debitore (nonché il terzo ed ogni altro interessato alla conservazione del vincolo), in sede di opposizione, deve dimostrare che l’atto dispositivo non sia pregiudizievole delle ragioni creditorie. Oltre a siffatta difficoltà probatoria, sembrerebbe che il legislatore abbia limitato i possibili motivi di opposizione, i quali, stando alla lettera della norma, potrebbero consistere solo nell’esistenza del pregiudizio e nella relativa conoscenza da parte del debitore.

Infine, fermo restando che la contestazione del diritto a procedere ad esecuzione è materia esclusiva delle opposizioni, è da vedere se, e in che misura, l’art. 2929-bis potrà arricchire il dibattito intorno al complesso e affascinante tema degli accertamenti del giudice dell’esecuzione (23).

 

VII. LE ALTRE MODIFICHE IN TEMA DI PROCESSO ESECUTIVO (CENNI)

In questo paragrafo s’intende offrire, sinteticamente, una panoramica delle principali modifiche che gli interventi legislativi in discorso hanno apportato a diverse norme del processo esecutivo.

 

  1. La sospensione parziale dell’efficacia esecutiva del titolo (art. 615 cod. proc. civ.)

Il novellato art. 615 prevede espressamente la possibilità che il giudice dell’esecuzione disponga la sospensione parziale dell’efficacia esecutiva del titolo qualora “il diritto della parte istante” sia contestato solo parzialmente.

 

  1. L’avvertimento, nell’atto di precetto, della possibilità di ricorrere alla procedura di gestione della crisi di sovraindebitamento (art. 480 cod. proc. civ.)

L’atto di precetto, secondo le modifiche apportate all’art. 480 cod.proc.civ., deve contenere l’avvertimento che il debitore può, con l’ausilio di un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice, porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento, concludendo con i creditori un accordo di composizione della crisi o proponendo agli stessi un piano del consumatore.

 

  1. Le modifiche in tema di conversione del pignoramento (art. 495 cod. proc. civ. )

Il novellato quarto comma dell’art. 495 cod. proc. civ. estende la possibilità per il debitore di ottenere la conversione del pignoramento, sempre che ricorrano giustificati motivi, anche se il pignoramento ha ad oggetto beni mobili. Il termine massimo delle rateizzazioni è aumentato e individuato in trentasei mesi (in luogo dei diciotto). Inoltre, il legislatore dispone che il giudice provvede, ogni sei mesi, a versare al creditore pignorante le somme pagate dal debitore, oppure a procedere alla distribuzione delle stesse tra i creditori. La legge di conversione ha precisato, al sesto comma della norma in discorso, che “con l’ordinanza che ammette la sostituzione, il giudice, quando le cose pignorate siano costituite da beni immobili o cose mobili, dispone che le cose pignorate siano liberato dal pignoramento con il versamento dell’intera somma”.

 

  1. L’albo dei custodi giudiziari (art. 169-sexies disp. att. cod.proc.civ.)

Nasce l’“albo” dei custodi giudiziari: un elenco dei soggetti specializzati per la custodia e la vendita dei mobili pignorati che dovrà essere istituito (con modalità informatiche) presso ogni tribunale, contenendo anche la documentazione comprovante le competenze maturate dal singolo professionista, anche relativamente a specifiche categorie di beni.

 

  1. Il termine per la cessazione dell’efficacia del pignoramento (art. 497 cod. proc. civ.)

Il termine della cessazione dell’efficacia del pignoramento senza che sia stata richiesta l’assegnazione o la vendita è fisato in quarantacinque giorni (in luogo del precedente termine di novanta giorni).

 

  1. La vendita a mezzo di commissionario (ex artt. 532, 533 e 534-ter cod. proc. civ.)

Il legislatore ha modificato gli artt. 532 e 533 in tema di vendita a mezzo di commissionario, stabilendo che il giudice dispone la vendita senza incanto o tramite commissionario, iscritto nell’elenco ex art. 169-sexies delle disp. att. cpc; deve fissare il numero complessivo, non inferiore a tre, degli esperimenti di vendita, i criteri per determinare i relativi ribassi, le modalità di deposito della somma ricavata dalla vendita; inoltre deve disporre il termine finale (non inferiore a sei mesi e non superiore a un anno) entro cui il soggetto incaricato della vendita deve restituire gli atti in cancelleria. Qualora si verifichi quest’ultima ipotesi, il giudice, se non vi sono istanze a norma dell’articolo 540-bis, dispone la chiusura anticipata del processo esecutivo, anche quando non sussistono i presupposti di cui all’articolo 164-bis delle disposizioni di attuazione del presente codice.

Secondo il novellato art. 533, in tema di obblighi del commissionario, nell’ipotesi in cui la vendita non avvenga nel termine fissato a norma dell’articolo 532, secondo comma, il commissionario deve restituire gli atti in cancelleria e documentare l’attività specificamente svolta in relazione alla tipologia del bene per reperire potenziali acquirenti, oltre alla pubblicità disposta dal giudice.

Si è già segnalata supra la modifica all’art. 534-ter, “Ricorso al giudice dell’esecuzione” che ha conferito anche al commissionario la passibilità di rivolgersi al giudice dell’esecuzione, qualora insorgano difficoltà nelle operazioni di vendita; e, pertanto, ha attribuito alle parti la facoltà di proporre reclamo anche contro gli atti del commissionario con ricorso allo stesso giudice, il quale provvede con ordinanza. Si è anche dato conto dell’introduzione del reclamo ai sensi dell’articolo 669-terdecies contro il provvedimento del giudice che decide sulle difficoltà ai sensi del primo comma della norma in discorso, ovvero avverso gli atti del professionista delegato o del commissionario.

 

  1. Il pignoramento di autoveicoli (art. 521-bis cod.proc.civ.)

Secondo le modifiche apportate dalla legge di conversione, il primo comma dell’art. 521-bis prevede che il pignoramento di autoveicoli può essere eseguito sia con le nuove forme, sia con quelle tradizionali previste dall’art. 518 c.p.c. Inoltre, viene aggiunto: che l’Istituto di vendite giudiziarie possa essere non solo quello “nel quale è compreso il luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede”, ma anche “quello più vicino”; che gli organi di polizia procedono al ritiro dei documenti e del bene pignorato se li rinvengano (e non solo se ne “accertano la circolazione” come originariamente previsto). Secondo l’ultimo comma dell’art. 521-bis, “in deroga a quanto previsto dall’articolo 497, l’istanza di assegnazione o l’istanza di vendita deve essere depositata entro quarantacinque giorni dal deposito da parte del creditore della nota di iscrizione a norma del presente articolo ovvero dal deposito da parte di quest’ultimo delle copie conformi degli atti, a norma dell’articolo 159-ter delle disposizioni per l’attuazione del presente codice”.

 

  1. Le modifiche alla vendita con modalità telematiche (art. 161-ter. disp. att. cod. proc. civ.)

Il legislatore modifica l’art. 161-ter delle disp. att. cod. proc. civ. stabilendo che, se occorre, le regole tecnico operative stabilite dal Ministero della giustizia per lo svolgimento delle vendite mediante gara tematica, sono integrate al fine di assicurare un agevole collegamento tra il portale delle vendite pubbliche e i portali dei gestori delle vendite telematiche.

 

  1. Le modifiche alla ricerca telematica dei beni da pignorare (art. 492-bis cod. proc. civ.; artt. 155-quater e 155- quinquies disp.att. cod. proc. civ.)

La legge di conversione 132/2015 ha modificato l’art. 492-bis (24) ampliando il novero dei creditori che possono fare la richiesta di ricerca telematica dei beni da pignorare: tale possibilità non è più limitata al creditore procedente; peraltro, la norma non pone limiti di sorta, ma è assolutamente ragionevole ritenere che il creditore di cui parla la norma sia quello provvisto di titolo esecutivo.

Altra innovazione della legge di conversione riguarda la riduzione delle banche dati cui è possibile attingere onde acquisire le informazioni rilevanti per l’individuazione di cose e crediti da sottoporre ad esecuzione, comprese quelle relative ai rapporti intrattenuti dal debitore con istituti di credito e datori di lavoro o committenti; le banche dati utilizzabili ai predetti fini sono l’anagrafe tributaria, compreso l’archivio dei rapporti finanziari, e quelle degli enti previdenziali.

L’intervento legislativo sulla norma in discorso lascia delusi in quanto il legislatore non ha previsto rimedi impugnatori avverso il provvedimento del Presidente del tribunale (di accoglimento o di rigetto) che pronuncia sull’istanza di accesso telematico (25); eppure, è evidente la straordinaria delicatezza e rilevanza del medesimo provvedimento, capace di incidere sia sui diritti del creditore istante sia sulle esigenze di riservatezza del debitore.

La legge di conversione modifica significativamente l’art.155-quater disp. att., il quale differiva all’introduzione di un prossimo decreto del ministro della giustizia l’adozione delle regole di dettaglio relative alle modalità di accesso alle banche date telematiche. L’intervento legislativo in discorso ora stabilisce che le pubbliche amministrazioni che gestiscono banche dati contenenti informazioni utili ai fini della ricerca di cui all’articolo 492-bis del codice mettono a disposizione degli ufficiali giudiziari gli accessi, con le modalità di cui all’articolo 58 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (il quale, coì come da ultimo modificato anche dalla l.132/2015, sancito al primo comma che il trasferimento di un dato da un sistema informativo ad un altro non modifica la titolarità del dato, stabilisce al secondo comma che le pubbliche amministrazioni comunicano tra loro attraverso la messa a disposizione a titolo gratuito degli accessi alle proprie basi di dati alle altre amministrazioni mediante la cooperazione applicativa di cui all’articolo 72, comma 1, lettera e). L’Agenzia per l’Italia digitale, sentiti il Garante per la protezione dei dati personali e le amministrazioni interessate alla comunicazione telematica, ivi incluso il Ministero della giustizia, definisce entro novanta giorni gli standard di comunicazione e le regole tecniche a cui le pubbliche amministrazioni devono conformarsi. Nondimeno, è prescritto, nel secondo periodo del primo comma dell’art. 155-quater, che finché non saranno definiti dall’Agenzia per l’Italia digitale i parametri di comunicazione e le regole tecniche di cui al comma 2 del predetto articolo 58 e, in ogni caso, qualora l’amministrazione che gestisce la banca dati o il Ministero della giustizia non dispongano dei sistemi informatici per la cooperazione applicativa di cui all’articolo 72, comma 1, lettera e), del decreto legislativo n. 82 del 2005, l’accesso è consentito previa stipulazione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di una convenzione finalizzata alla fruibilità informatica dei dati, sentito il Garante per la protezione dei dati personali. All’uopo, il Ministero della giustizia dovrà pubblicare sul portale dei servizi telematici l’elenco delle banche dati per le quali è operativo l’accesso da parte dell’ufficiale giudiziario per le finalità di cui all’articolo 492-bis del codice“.

Il dl n.83 ha modificato l’art.155-quinquies (accesso alle banche dati tramite i gestori), prescrivendo che, qualora non funzionino le strutture tecnologiche, necessarie a consentire l’accesso diretto da parte dell’ufficiale giudiziario alle banche dati di cui all’articolo 492-bis del codice e a quelle individuate con il decreto di cui all’articolo 155-quater, primo comma, il creditore (non più solo il creditore procedente), previa autorizzazione ex art. 492-bis, può ottenere dai gestori delle banche dati le informazioni nelle stesse contenute.

La legge di conversione, rettificando quanto sul punto aveva prescritto il decreto n. 83 (26), stabilisce che la disposizione di cui al primo comma dell’art. 155-quinqies si applica, limitatamente a ciascuna delle banche dati comprese nell’anagrafe tributaria, ivi incluso l’archivio dei rapporti finanziari, nonché a quelle degli enti previdenziali, sino all’inserimento di ognuna di esse nell’elenco di cui all’articolo 155-quater, primo comma.

 

  1. L’iscrizione a ruolo del processo esecutivo per espropriazione a cura di soggetto diverso dal creditore (art. 159-ter disp. att. cod. proc. civ.)

Sull’iscrizione a ruolo del processo esecutivo (27), la legge di conversione introduce l’art. 159-ter delle disp. di attuazione disponendo che “colui che, prima che il creditore abbia depositato la nota di iscrizione a ruolo prevista dagli articoli 518, 521-bis, 543 e 557 del codice, deposita per primo un atto o un’istanza deve depositare la nota di iscrizione a ruolo e una copia dell’atto di pignoramento. Quando al deposito della nota di iscrizione a ruolo procede uno dei soggetti di cui all’articolo 16-bis, comma 1, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, e successive modificazioni, diverso dal creditore, il deposito può aver luogo con modalità non telematiche e la copia dell’atto di pignoramento può essere priva dell’attestazione di conformità. Quando l’istanza proviene dall’ufficiale giudiziario, anche nel caso di cui all’articolo 520, primo comma, del codice, all’iscrizione a ruolo provvede d’ufficio il cancelliere.

Quando l’iscrizione a ruolo ha luogo a norma del presente articolo, il creditore, nei termini di cui agli articoli 518, 521-bis, 543 e 557 del codice, provvede, a pena di inefficacia del pignoramento, al deposito delle copie conformi degli atti previsti dalle predette disposizioni e si applica l’articolo 164-ter delle presenti disposizioni”.

 

  1. Le novità in tema di pignoramento presso terzi (artt. 545, 546, 548, 549 cod.proc.civ.)

La riforma modifica anche il limite massimo del pignoramento di stipendi e pensioni di regola fissato nella misura del quinto.

I nuovi commi aggiunti all’art. 545 c.p.c. prevedono:

  • con riferimento al pignoramento della pensione, che «le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza, non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà. La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, quarto e quinto comma nonché dalle speciali disposizioni di legge». Ne deriva che la parte della pensione pari all’importo dell’assegno sociale aumentato della metà è assolutamente impignorabile.
  • con riferimento al pignoramento del conto corrente, che «le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate, per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale, quando l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento; quando l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nei limiti previsti dal terzo, quarto, quinto e settimo comma, nonché dalle speciali disposizioni di legge».

Quanto agli obblighi del terzo, viene aggiunto un comma all’art. 546 cod.proc.civ., secondo cui: «nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore di somme a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, gli obblighi del terzo pignorato non operano, quando l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento, per un importo pari al triplo dell’assegno sociale; quando l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, gli obblighi del terzo pignorato operano nei limiti previsti dall’articolo 545 e dalle speciali disposizioni di legge».

Non è chiaro cosa sia escluso dagli obblighi di custodia con riferimento alle somme già accreditate al momento del pignoramento. Quanto invece alle somme che vengono accreditate dopo il pignoramento, il legislatore ne ha previsto la pignorabilità entro i limiti di legge. Ha, inoltre, previsto che il pignoramento eseguito in violazione dei divieti e oltre i limiti previsti dallo stesso e dalle speciali disposizioni di legge è parzialmente inefficace e l’inefficacia (parziale) è rilevata dal giudice anche d’ufficio.

La legge di conversione modifica inoltre gli artt. 548 e 549 cod.proc.civ. che attengono alla dichiarazione del terzo (28). In particolare, introduce nell’art. 548, relativo alla mancata dichiarazione del terzo, la previsione che il credito o il bene pignorato si considerano non contestati soltanto se “l’allegazione del creditore consente l’identificazione del credito o dei beni di appartenenza del debitore in possesso del terzo“. Inoltre, modifica anche l’art. 549 prevedendo che il giudice provveda con ordinanza (non solo in caso di contestazioni sulla dichiarazione del terzo, ma anche) nel caso in cui “a seguito della mancata dichiarazione del terzo non è possibile l’esatta identificazione del credito o dei beni del debitore in possesso del terzo, il sia a seguito dell’impossibilità dell’esatta identificazione del credito o dei beni del debitore in possesso del terzo”. Inoltre, specifica che “il giudice dell’esecuzione, su istanza di parte, provvede con ordinanza, compiuti i necessari accertamenti nel contraddittorio tra le parti e con il terzo”.

 

  1. Le misure di coercizione indiretta

La legge di conversione introduce nel codice di rito civile il titolo IV bis, rubricato “Delle misure di coercizione indiretta”, modifica la rubrica e il primo comma dell’art. 614-bis, la norma introdotta dalla l. 69/2009 che disciplina le misure coercitive (29). È noto che, all’indomani della riforma del 2009, a causa del contrasto tra la rubrica dell’art. 614-bis (che si riferiva alla «attuazione degli obblighi di fare infungibile o di non fare») ed il testo della norma (che discorreva di fissazione della misura coercitiva per i provvedimenti di condanna in genere), si è molto discusso sull’ambito applicativo della norma (30). La novella muta la rubrica della norma sostituendola con “Delle misure di coercizione indiretta” e modifica il primo comma della norma escludendo espressamente dal suo alveo di applicazione le condanne al pagamento di somme di denaro.

 

VIII. LA DISCIPLINA TRANSITORIA

Il decreto legge n. 83 del 2015 è in vigore dal giorno della sua pubblicazione in gazzetta ufficiale, id est il 27 giugno 2015; la legge di conversione n.132 del 2015 è vigore dal giorno successivo alla sua pubblicazione, ossia dal 21 agosto 2015.

Il dl. n. 83 ha previsto solo per alcune disposizioni una disciplina transitoria:

 

  • secondo gli artt. 23, comma 2, e 13, comma 1, lettera b), n. 1), lettera e), n. 1, lettera ee) e 14, comma 1, lettere b) e c), si applicano, decorsi trenta giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale delle specifiche tecniche previste dall’articolo 161-quater delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile, le modifiche: all’artt. 490 Pubblicità degli avvisi”), primo comma, ossia la parte relativa all’introduzione del cd “portale delle vendite pubbliche”) ; 530 (“Provvedimento per l’assegnazione o per l’autorizzazione della vendita”), settimo comma, secondo periodo; 631-bis (“Omessa pubblicità sul portale delle vendite pubbliche”); 161-ter att. c.p.c. (“Vendite con modalità telematiche”), 161-quater (“Modalità di pubblicazione sul portale delle vendite pubbliche”);
  • secondo gli artt.23, co. 6, 12 e 13, comma 1, lettere d), l), m), n), si applicano – esclusivamente alle procedure esecutive iniziate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto – le innovazioni di cui agli artt. 2929-bisciv.; (“Espropriazione di beni oggetto di vincoli di indisponibilità o di alienazioni a titolo gratuito) (31); 497 (“Cessazione dell’efficacia del pignoramento”), 545 (“Crediti impignorabili), 546 (“Obblighi del terzo”), 567 cod.proc.civ.;
  • secondo gli artt. 23 e 13, comma 1, lettera a), f)1), si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto le modifiche agli artt. 480 (“Forma del precetto”) e al primo comma dell’art. 532 (“Vendita a mezzo di commissionario”);
  • Secondo gli art.23, co.10, e 13, comma 1, lettera f), numero 2), si applicano alle vendite disposte dal giudice o dal professionista delegato (32), successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, anche nelle procedure esecutive pendenti alla medesima data, le modifiche agli artt. 532 (“Vendita a mezzo di commissionario”), secondo comma e 533 (“Obblighi del commissionario”) cod. proc.civ.;
  • ai sensi dell’art. 23, co.9, si applicano anche ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto le disposizioni di cui all’articolo 13, diverse da quelle indicate nel presente articolo. Si tratta delle disposizioni di cui agli artt.: 495 (“Conversione del pignoramento”); 521-bis (“Pignoramento e custodia di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi”); 534-bis (Delega delle operazioni di vendita”), 534-ter (“Ricorso al giudice dell’esecuzione”); 568 (“Determinazione del valore dell’immobile”); 569 (“Provvedimento per l’autorizzazione della vendita”); 571 (“Offerte d’acquisto”); 572 (“Deliberazione sull’offerta”); 573 (“Gara tra gli offerenti”); 587 (“Inadempienza dell’aggiudicatario”); 588 (“Termine per l’istanza di assegnazione”), 589 (“Istanza di assegnazione”), 590 (“Provvedimento di assegnazione”); 591; (“Provvedimento di amministrazione giudiziaria”); 591-bis (“Delega delle operazioni di vendita”); 591-ter (“Ricorso al giudice dell’esecuzione”); 614-bis (“Misure di coercizione indiretta”); 615 (“Forma dell’opposizione”); 492- (“Ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare”). Nondimeno, quando è già stata disposta la vendita, la stessa ha comunque luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore e le disposizioni di cui al presente decreto si applicano quando il giudice o il professionista delegato dispone una nuova vendita;
  • Secondo l’art. 23, comma 11, la disposizione di cui all’articolo 503 cod. proc. civ. (“Modi della vendita forzata”), nel testo modificato dall’articolo 19, comma 1, lettera d-bis) del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, si applica, a far data dall’entrata in vigore del presente decreto, anche ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della legge n. 162 del 2014;
  • secondo l’art.23, comma 11-bis, il deposito telematico delle note di iscrizione a ruolo ai sensi dell’articolo 159-ter att.cod.proc.civ. (“Iscrizione a ruolo del processo esecutivo per espropriazione a cura di soggetto diverso dal creditore”) può essere effettuato dai soggetti di cui all’articolo 16-bis, comma 1, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, e successive modificazioni, diversi dal creditore, a decorrere dal 2 gennaio 2016.

 

Luisa Piccolo

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  • Sulle novità in tema di diritto fallimentare apportate dal D.L. 83/2015, cfr. la segnalazione novità “Le novità in materia fallimentare introdotte dal decreto legge 27 giugno 2015, n. 83 (Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria)”, a firma di Boggiali e A. Ruotolo, in CNN Notizie del 30 giugno 2015. Sulle novità in tema di diritto fallimentare apportate dalla l.132 2015, cfr. la segnalazione novità “Le novità in materia fallimentare introdotte dalla Legge di conversione del Decreto Legge 27 giugno 2015, n. 83 (Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria), a firma di D.Boggiali e A.Ruotolo, in CNN Notizie del 7 agosto 2015.
  • Sull’esigenza di superare l’affissione dell’avviso di vendita per tre giorni continui nell’albo dell’ufficio giudiziario davanti al quale si svolge il procedimento esecutivo, a favore di più adeguate forme di pubblicità, cfr. Fabiani, Note per una possibile riforma del processo di espropriazione forzata immobiliare, Foro it., 2014, V, 53 ss.
  • Per questo rilievo cfr. Vincre, Vendite forzate, la pubblicità di farà su un portale «dedicato», in Quotidiano del diritto de ilsole24ore. Guida al diritto, del 23 luglio 2015.
  • Vincre, op. cit., rileva, quanto all’estinzione del processo esecutivo per cause non imputabili al creditore pignorante o all’intervenuto titolato, che «la procedura si estinguerà solo se il creditore procedente o il titolato intervenuto non provvederanno direttamente agli adempimenti pubblicitari, oppure se, pur essendo l’istanza di pubblicazione di spettanza del delegato o del commissionario, questi non abbiano potuto adempiere, perché il creditore ha omesso di pagare il contributo previsto nell’articolo 18-bis del Dpr 115/2002». L’A. precisa inoltre che «se l’omissione è del delegato o del commissionario si può quindi pensare che giudice debba rinviare la data della vendita, dando modo al commissionario o al delegato di provvedere alla pubblicità, salva la loro responsabilità e la possibilità della loro sostituzione».
  • La dottrina aveva già segnalato l’esigenza di risolvere la problematica della valutazione della migliore offerta in ipotesi di offerta parità tra le stesse, cfr. Fabiani, Note per una possibile riforma del processo di espropriazione forzata immobiliare, cit.
  • È stato dunque modificato il testo previsto dal d. 83–2015 secondo cui: “Se la gara non può avere luogo per mancanza di adesioni degli offerenti, il giudice, quando ritiene che non vi sia seria possibilità di conseguire un prezzo superiore con una nuova vendita, dispone la vendita a favore del migliore offerente oppure, nel caso di più offerte dello stesso valore, dispone la vendita a favore di colui che ha presentato l’offerta per primo”.
  • In materia non può non richiamarsi il fondamentale contributo apportato da Proto Pisani, di cui cfr. Delegabilità ai notai delle operazioni di incanto nell’espropriazione forzata immobiliare, in Foro it., 1992, V, 444 ss., dal quale hanno preso le mosse gli altri studi in materia nonché l’intervento legislativo che ha condotto alla legge n. 302/98. Si v. le considerazioni di E. Fabiani, Note per una possibile riforma del processo di espropriazione forzata immobiliare, cit., 54 ss., il quale evidenzia che l’istituto in discorso, ove è stato correttamente valorizzato, ha dato indubbi risultati in termini di maggiore rapidità ed efficienza del processo esecutivo, “per cui lasciare al singolo magistrato la possibilità o meno di farvi ricorso si rivela scelta insostenibile, a fronte della drammatica crisi in cui versa la giustizia civile, oltre che inopportuna sotto il profilo delle modalità di svolgimento delle procedure esecutive in modo uniforme in tutto il territorio nazionale”.
  • Il problema della mancanza di uniformità nel territorio nazionale è molto avvertito e stigmatizzato da Fabiani, Note per una possibile riforma del processo di espropriazione forzata immobiliare, cit. (nota n. 9), secondo cui “Il processo di espropriazione forzata immobiliare costituisce, infatti, anche sotto questo profilo, uno degli istituti processuali che, osservati nella loro dimensione applicativa, danno la sensazione che nel nostro paese non sia vigente un unico codice di procedura civile”.
  • E. Fabiani, Note per una possibile riforma del processo di espropriazione forzata immobiliare, cit., che, nei suoi auspici circa l’introduzione dell’obbligatorietà della delega, manifestava la necessità che la possibilità che le attività di cui al processo di espropriazione forzata immobiliare siano espletate in prima persona dal giudice dell’esecuzione dovrebbe essere circoscritta ad ipotesi assolutamente eccezionali in cui, per motivi di ordine oggettivo, non sia possibile ricorrere all’istituto della delega.
  • Per una spiegazione del riferimento solo alla categoria dei notai dell’avverbio “preferibilmente” nel testo dell’art. 591-bis, così come introdotto dalle riforme del 2005, cfr., anche per gli ulteriori riferimenti, Fabiani, La delega delle operazioni di vendita in sede di espropriazione forzata immobiliare. Novità introdotte dalla riforma del 2005 e ricostruzione sistematica del nuovo istituto (studio n. 24-2006/E), cit., secondo cui “solo il notaio, istituzionalmente terzo, dovrebbe preferibilmente avere sede nel circondario del tribunale competente sulla procedura. Non altrettanto dicasi per gli altri professionisti, che istituzionalmente terzi non sono, per i quali l’avere sede nel circondario del tribunale competente sulla procedura, pur non costituendo condizione ostativa alla delega, quanto meno non ne costituisce condizione preferenziale”.
  • , per il sistema “sanzionatorio”, previsto dalle riforme del 2005, E. Fabiani, La delega delle operazioni di vendita in sede di espropriazione forzata immobiliare. Novità introdotte dalla riforma del 2005 e ricostruzione sistematica del nuovo istituto (studio n. 24-2006/E), Studi e materiali, Milano, 2007, fasc. 1, 562 ss.), il quale evidenziava la laconicità della previsione ex art. 179 ter disp. att. cod. proc. civ. e i problemi relativi all’individuazione dei presupposti della revoca, alla preventiva istaurazione del contraddittorio, alla predisposizione di un rimedio a tutela del professionista sanzionato con la revoca della delega e la conseguente cancellazione dagli elenchi (in ordine a quest’ultima, peraltro, l’A. sollevava il dubbio della sua automaticità o meno).
  • E. Fabiani, Note per una possibile riforma del processo di espropriazione forzata immobiliare, cit., 56.
  • E. Fabiani, Note per una possibile riforma del processo di espropriazione forzata immobiliare, cit., 55–56, il quale ha di recente auspicato un ampliamento dei contenuti della delega – in ogni caso conforme al dettato costituzionale – e, dunque, delle attività da compiersi ad opera del professionista delegato anziché del giudice, cui dovrebbero essere riservati solo taluni snodi essenziali della procedura e le sottese valutazioni, nonché il controllo sull’operato del professionista, che potrebbe sempre essere provocato dalle parti attraverso il reclamo di cui all’art. 591 ter cod. proc. civ. Tale ampliamento dei contenuti della delega, secondo l’Autore, “dovrebbe essere accompagnato dall’introduzione di una più compiuta disciplina, rispetto a quella attuale (sul punto in parte lacunosa ed in parte totalmente assente), in ordine: 1) ai presupposti per la revoca della delega; 2) al relativo iter procedimentale; 3) all’iter procedimentale relativo alla conseguente irrogazione della «sanzione» (della cancellazione dall’albo per il triennio in corso e per quello successivo) e ai possibili rimedi latamente impugnatori esperibili dal professionista «sanzionato»”; l’A. ribadisce, con riguardo a quest’ultimo profilo, la necessità che i rimedi impugnatori del professionista delegato non ostacolino lo svolgimento della procedura esecutiva. Sul punto vd., inoltre, Id., La delega delle operazioni di vendita in sede di espropriazione forzata immobiliare. Novità introdotte dalla riforma del 2005 e ricostruzione sistematica del nuovo istituto (studio n. 24-2006/E), cit., 568 – 569.
  • Fabiani, La delega delle operazioni di vendita in sede di espropriazione forzata immobiliare. Novità introdotte dalla riforma del 2005 e ricostruzione sistematica del nuovo istituto (studio n. 24-2006/E), cit., 564.
  • L’art. 2929-bis stabilisce che: “Il creditore che sia pregiudicato da un atto del debitore, di costituzione di vincolo di indisponibilità o di alienazione, che ha per oggetto beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri, compiuto a titolo gratuito successivamente al sorgere del credito, può procedere, munito di titolo esecutivo, a esecuzione forzata, ancorché non abbia preventivamente ottenuto sentenza dichiarativa di inefficacia, se trascrive il pignoramento nel termine di un anno dalla data in cui l’atto è stato trascritto. La disposizione di cui al presente comma si applica anche al creditore anteriore che, entro un anno dalla trascrizione dell’atto pregiudizievole, interviene nell’esecuzione da altri promossa.

Quando il pregiudizio deriva da un atto di alienazione, il creditore promuove l’azione esecutiva nelle forme dell’espropriazione contro il terzo proprietario.

Il debitore, il terzo assoggettato a espropriazione e ogni altro interessato alla conservazione del vincolo possono proporre le opposizioni all’esecuzione di cui al titolo V del libro III del codice di procedura civile quando contestano la sussistenza dei presupposti di cui al primo comma, nonché la conoscenza da parte del debitore del pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore.

  • Per le prime riflessioni in merito cfr. il contributo di Testa, “Atti di donazione: gli effetti del nuovo articolo 2929-bis del Codice Civile”, in Quotidiano giuridico del 14 luglio 2015; A.Pantaleo, Il nuovo articolo 2929-bis c.c.: prime riflessioni, in dirittobancario.it; N.A.Cimmino, Il nuovo art. 2929-bis c.c. introdotto dal d.l. n. 83/2015: più deboli fondi patrimoniali, donazioni, atti di destinazione e trust, in ilfamiliarista.it; G.Petrelli, Pignoramento di beni oggetto di vincoli di indisponibilità e di alienazioni gratuite, in www.gaetanopetrelli.it, Rassegna relativa al primo semestre 2015, sezione Rassegne normative.
  • Petrelli, Pignoramento di beni oggetto di vincoli di indisponibilità e di alienazioni gratuite, cit..
  • Secondo l’art. 474 cod.proc.civ. «L’esecuzione forzata non può avere luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile». Secondo le nozioni tradizionalmente accolte, liquido è il titolo che esprime una somma di denaro determinato o facilmente determinabile con calcolo aritmetico in base ad elementi contenuti nel titolo stesso o altrimenti noti; esigibile è il diritto la cui realizzazione può essere immediatamente rivendicata, nel senso che il diritto stesso non è soggetto a termine o a condizione sospensiva (ne deriva che, al momento dell’esercizio dell’azione esecutiva, il creditore deve indicare, notificando titolo esecutivo e precetto, l’avvenuta scadenza del termine o l’avveramento della condizione). Quanto alla certezza, se c’è unanimità di vedute sull’affermazione secondo cui la ” certezza ex 474 non designa una mancanza di contestazione formale, le opinioni dottrinali divergono nell’esplicitare in positivo il contenuto di tale requisito. In particolare, secondo l’orientamento seguito dalla giurisprudenza tradizionale, la certezza implica che il diritto deve risultare ” esattamente e compiutamente, nel suo contenuto e nei suoi limiti, dal relativo provvedimento giurisdizionale o atto negoziale, di guisa che ne risulti determinato e delimitato anche il contenuto del titolo” (cfr. sent. Cass. 25 febbraio 1983, n. 1455). Su questa scia, parte della dottrina (B. Capponi, Manuale di diritto dell’esecuzione civile , Torino, 2010, 110 ss.) ha affermato che la certezza rimanda alla corretta e compiuta identificazione della prestazione dovuta, del soggetto tenuto a compierla e di quello che ha diritto a riceverla ed ha puntualizzato che tale requisito deve essere inteso diversamente in rapporto ai singoli processi di esecuzione: nella consegna o nel rilascio andrà identificato il bene ed i soggetti della prestazione; nell’esecuzione per obblighi di fare e di non fare, il titolo dovrà indicare il risultato finale dell’esecuzione, sebbene le modalità pratiche dell’esecuzione siano determinate dal giudice su ricorso dell’avente diritto; nell’espropriazione forzata, la certezza va sempre posta in rapporto agli altri requisiti della liquidità e dell’esigibilità e implica che nel titolo debba essere identificato il soggetto tenuto alla prestazione, l’oggetto della medesima, il soggetto che ha il diritto di pretendere il pagamento. Sul tema si segnala la sentenza che ha fatto tanto discutere delle SS.UU (del 2 luglio 2012 n. 11067), in Riv. esecuzione forzata 2013, con commenti di Sassani, Delle Donne, Zucconi Galli Fonseca, Fabiani, Pilloni, Bellè, Le Sezioni unite riscrivono i requisiti (interni ed esterni) del titolo esecutivo: opinioni a confronto intorno a Cass. S.U., n. 11067/2012” .

Potrebbe essere utile porre l’attenzione sulla procedura di concentrazione della riscossione nell’avviso di accertamento, che prevede il superamento del ruolo esattoriale e della cartella di pagamento, rispetto all’attività di controllo sostanziale, e l’attribuzione allo stesso avviso di accertamento della funzione di titolo esecutivo. Cfr. A. Carinci, Prime considerazioni sull’avviso di accertamento “esecutivo” ex dl n. 78/2010, Riv. dir. trib., fasc.2, 2011, 159 ss., che efficacemente sintetizza l’intenzione del legislatore nel “concentrare in capo all’avviso di accertamento, accanto alla funzione propria di atto impositivo, anche quelle di titolo esecutivo, propria del ruolo, nonché di precetto, attualmente affidata – soppresso l’avviso di mora – alla cartella di pagamento”. Tale procedura è disciplinata dall’art. 29 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 luglio 2010, n. 122) che, onde procedere al recupero coattivo delle somme dovute a titolo di imposta dirette e di IVA, individua nell’avviso di accertamento un atto complesso che presenta natura combinata di titolo impositivo e di titolo esecutivo e che, inoltre, assolve alla funzione di precetto. Nondimeno, gli avvisi di accertamento concernenti le imposte dirette e l’IVA, nonché i connessi provvedimenti di irrogazione delle sanzioni, emessi dal 1° ottobre 2011 e relativi ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2007 e successivi, diventano esecutivi decorsi sessanta giorni dalla notifica.”. Anche l’avviso di accertamento sui colloca tra i titoli esecutivi purché ritualmente formato ai senso del citato articolo 29, sebbene è previsto che la consegna dell’avviso notificato all’agente per la riscossione debba avvenire entro trenta giorni dopo la scadenza del termine per adempiere salvo il pericolo che il decorso del tempo comporti la perdura delle garanzie di recupero del credito mentre i 180 giorni configurano il termine dilatorio introdotto dall’art. 7, lett. N) d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito in legge 12 luglio 2011, n. 106. Inoltre, decorso un anno dalla notifica dell’avviso di accertamento, esso perde la sua autosufficienza e non consente tout court l’inizio dell’espropriazione forzata. In tal caso, ove debba procedersi esecutivamente, esso deve essere preceduto dalla notifica dell’avviso di cui all’art. 50 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, fermo restando che l’esecuzione va intrapresa, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo. Sulla tematica, cfr. A.M.SOLDI, Manuale dell’esecuzione forzata, cit., 937 ss.

  • Proto Pisani, Lezioni di diritto processuale civile, Napoli, 2006, 695.
  • 3 febbraio 2015, Foro it., Rep. 2015, voce Revocatoria (azione), n. 2. Nel senso che sia sufficiente il mero pericolo di danno, cfr. Cass. 29 aprile 2009, n. 10052, Foro it., Rep. 2015, voce 2009, Revocatoria (azione), n. 16: “Il negozio costitutivo del fondo patrimoniale, anche quando proviene da entrambi i coniugi, è atto a titolo gratuito, che può essere dichiarato l’inefficace nei confronti dei creditori a mezzo di azione revocatoria ordinaria; ne consegue che, avendo l’actio pauliana la funzione di ricostituire la garanzia generica fornita dal patrimonio del debitore, a determinare l’eventus damni è sufficiente anche la mera variazione qualitativa del patrimonio del debitore integrata con la costituzione in fondo patrimoniale di bene immobile (o di più beni immobili come nella specie) di proprietà dei coniugi (o di uno dei coniugi come nella specie), in tal caso determinandosi, in presenza di già prestata fideiussione in favore di terzi, il pericolo di danno costituito dalla eventuale infruttuosità di una futura azione esecutiva, della cui insussistenza incombe al convenuto, che nell’azione esecutiva l’eccepisca, fornire la prova; sotto il profilo dell’elemento soggettivo, trattandosi di ipotesi di costituzione in fondo patrimoniale successiva all’assunzione del debito (nel caso, l’obbligazione fideiussoria), è sufficiente la mera consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi del creditore (scientia damni), la cui prova può essere fornita anche tramite presunzioni, senza che assumano, viceversa, rilevanza l’intenzione del debitore medesimo di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore (consilium fraudis), né la relativa conoscenza o partecipazione da parte del terzo”.
  • 14 novembre 2011, n. 23743, Foro it., Rep. 2012, voce Revocatoria (azione), n. 10.
  • 29 maggio 2013, n. 13446, Foro it. Rep. 2013, voce Procedimento civile, n. 212: “Proposta una azione revocatoria ordinaria, fondata sull’assunto che il debitore abbia compiuto l’atto dispositivo prima del sorgere del debito, costituisce inammissibile mutamento della domanda la deduzione, in corso di causa, che l’atto dispositivo sia stato compiuto dopo il sorgere del debito, perché ne discenderebbe l’allargamento del thema probandum, dal momento che, nel primo caso, l’attore avrebbe l’onere di provare il dolo specifico del debitore e cioè la dolosa preordinazione di un intento fraudolento, mentre, nel secondo caso, egli potrebbe limitarsi a provarne il solo dolo generico, e cioè la generica consapevolezza di nuocere alle ragioni del creditore”.

Cass. 7 ottobre 2008, n. 24757, Foro it., Rep. 2008, voce Revocatoria (azione), n. 19: “In tema di azione revocatoria, quando l’atto di disposizione è anteriore al sorgere del credito, ad integrare l’animus nocendi richiesto dall’art. 2901, 1º comma, n. 1 c.c. è sufficiente il mero dolo generico, e cioè la mera previsione, da parte del debitore, del pregiudizio dei creditori, e non è, quindi, necessaria la ricorrenza del dolo specifico, e cioè la consapevole volontà del debitore di pregiudicare le ragioni del creditore; trattandosi di un atteggiamento soggettivo, tale elemento psicologico va provato dal soggetto che lo allega e può essere accertato anche mediante il ricorso a presunzioni, il cui apprezzamento è devoluto al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità in presenza di congrua motivazione”; Cass. 30 dicembre 2014, n. 27546, Foro it., Rep. 2014, voce Revocatoria (azione), n. 13: “In tema di azione revocatoria ordinaria, quando l’atto di disposizione sia successivo al sorgere del credito, unica condizione per il suo esercizio è la conoscenza che il debitore abbia del pregiudizio delle ragioni creditorie, nonché, per gli atti a titolo oneroso, l’esistenza di analoga consapevolezza in capo al terzo, la cui posizione, sotto il profilo soggettivo, va accomunata a quella del debitore; la relativa prova può essere fornita tramite presunzioni, il cui apprezzamento è devoluto al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità ove congruamente motivato”.

  • Si rammenta che il legislatore del 1942 aveva concepito il processo esecutivo non quale sede idonea a conoscere della sussistenza dei diritti sostanziali, bensì come un complesso di attività operative e pratiche che trovano il loro fondamento, esclusivo e sufficiente, nel titolo esecutivo. Ed, infatti, mentre chi agisce in sede di cognizione si afferma titolare di un diritto, prospetta una situazione di fatto e la sua riconduzione ad una determinata fattispecie giuridica in grado di giustificare, una volta fornita la prova dei fatti rilevanti e controversi, una pronuncia di accoglimento della domanda e con essa l’affermazione di una determinata tutela, chi agisce in sede esecutiva in ragione del possesso del titolo non ha né l’onere di dedurre la vicenda che ha determinato la formazione di quel titolo, né l’onere di provare l’esistenza del diritto che dallo stesso titolo risulta; ogni possibile attività al riguardo è assorbita dallo stesso titolo esecutivo, “la cui funzione è per definizione dinamica, volta cioè alla pratica e concreta realizzazione del diritto e non si esaurisce nella sua rappresentazione statica” ( Capponi, Manuale di diritto dell’esecuzione civile, Torino, 2010, 100-101; nella stessa ottica, cfr. ancora A. Proto Pisani, Lezioni di diritto processuale civile, cit., 695: “il titolo esecutivo si atteggia come presupposto speciale di ammissibilità del processo esecutivo. Per la messa in moto di un processo di esecuzione forzata, non è sufficiente, come nei processi a cognizione piena, l’affermazione dell’esistenza del diritto, ma è necessaria l’esistenza di un titolo esecutivo”. Nondimeno, “l’esperienza soprattutto dei processi espropriativi ha dimostrato che spesso l’esecuzione è un groviglio indistinguibile di attività cognitiva e esecutiva, ove i provvedimenti esecutivi adottati dal giudice dell’esecuzione hanno quale presupposto, spesso inespresso, un’attività preparatoria cognitiva che appare del tutto negletta dal codice, R. Vaccarella, Sui rimedi esperibili dal terzo contro l’ordinanza di assegnazione, in Giust. civ.,1990. I, 1081, ss. Sebbene sia incontestabile che in sede esecutiva “gli strumenti, le forme e le modalità tecniche attraverso cui si realizza la partecipazione al processo dei soggetti destinatari degli effetti degli atti o dei provvedimenti, sono notevolmente se non addirittura radicalmente diversi da quelli del processo di cognizione” (A. Proto Pisani, voce Parte nel processo (dir. proc. civ.), in Enc. dir., XXXI, Milano, 1981, 930), anche il giudice dell’esecuzione procede in base ad un’attività cognitiva perché volta per volta deve accertare la sussistenza dei presupposti dei singoli provvedimenti esecutivi, i quali (presupposti) vengono conosciuti in base ad un modulo processuale pienamente rispettoso del principio del contraddittorio (art. 485 cod. proc. civ.). Oltre ai casi in cui il giudice dell’esecuzione adotta provvedimenti che presuppongono una ricognizione non già di presupposti meramente formali, vi sono casi in cui egli accerta condizioni che attengono all’esistenza o meno dei diritti fatti valere a mezzo del processo esecutivo (si pensi ai casi in cui il giudice dell’esecuzione deve effettuare un accertamento in ordine all’esistenza, al grado e all’ammontare dei crediti fatti valere dai creditori intervenuti quando emerge l’esigenza di conoscerne in un momento anteriore alla fase distributiva; su tutti, si ricordano gli istituti del cumulo dei mezzi di espropriazione ex art. 483; della conversione del pignoramento ex art. 495, della riduzione del pignoramento ex art. 496).
  • Il dl. 132 del 2014 ha introdotto lo strumento della ricerca telematica dei beni da pignorare, il quale mira a consentire al creditore procedente la consultazione telematica di alcune banche dati onde ricostruire il patrimonio del debitore. Secondo l’art. 492-bis, come originariamente previsto dal detto 132/2014, il creditore procedente, decorso il termine per l’adempimento indicato nel precetto e in ogni caso non prima che siano decorsi dieci giorni dalla sua notifica, può fare istanza (contenente l’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica ordinaria ed il numero di fax del difensore nonché, ai fini dell’articolo 547, dell’indirizzo di posta elettronica certificata) al presidente del tribunale del forum debitoris, il quale, «verificato il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata» concede all’ufficiale giudiziario l’autorizzazione ad effettuare la ricerca telematica dei beni da pignorare». Se vi è pericolo nel ritardo, il presidente del tribunale autorizza la ricerca telematica dei beni da pignorare prima della notificazione del precetto. In virtù dell’autorizzazione, l’ufficiale giudiziario accede con collegamento telematico alle informazioni contenute nelle banche dati delle pubbliche amministrazioni o alle quali le stesse possono accedere e, in particolare, nell’anagrafe tributaria, compreso l’archivio dei rapporti finanziari, nel pubblico registro automobilistico e in quelle degli enti previdenziali, per l’acquisizione di tutte le informazioni rilevanti per l’individuazione di cose e crediti da sottoporre ad esecuzione, comprese quelle relative ai rapporti intrattenuti dal debitore con istituti di credito e datori di lavoro o committenti. E ciò al fine di recuperare tutte le informazioni rilevanti per l’individuazione di cose e crediti da sottoporre ad esecuzione «comprese quelle relative ai rapporti intrattenuti dal debitore con istituti di credito e datori di lavoro o committenti». Terminate le operazioni, l’ufficiale giudiziario redige un unico processo verbale nel quale indica tutte le banche dati interrogate e le relative risultanze. L’ufficiale giudiziario procede a pignoramento munito del titolo esecutivo e del precetto, anche acquisendone copia dal fascicolo informatico. Qualora vi sia pericolo nel ritardo e, giusta il disposto del primo comma della norma in discorso, il presidente del tribunale abbia autorizzato la ricerca telematica dei beni da pignorare prima della notificazione del precetto, questo è consegnato o trasmesso all’ufficiale giudiziario prima che si proceda al pignoramento.
  • Per questo rilievo cfr. G.Poli, Modifiche in tema di inscrizione a ruolo della procedura esecutiva, di ricerca dei beni da pignorare e di chiusura anticipata del processo esecutivo, in AA.VV., Degiurisdizionalizzazione e altri interventi per la definizione dell’arretrato (d.l. 12 settembre 2014 n. 132, convertito, con modificazioni, in l. 10 novembre 2014 n. 162), in Foro it., cit., 80.
  • Il dl n.83 aveva stabilito, al secondo comma dell’art. 155-quinquies che la disposizione di cui al primo comma poteva applicarsi, limitatamente alle banche dati previste dall’articolo 492-bis del codice, anche sino all’adozione di un decreto dirigenziale del Ministero della giustizia, che attestasse la piena funzionalità delle strutture tecnologiche necessarie a consentire l’accesso alle medesime banche dati. Tale decreto dirigenziale doveva essere adottato entro tre mesi dall’entrata in vigore del decreto ex art. 155-quater; inoltre, il dl. disponeva la perdita di efficacia della norma nel caso in cui tale decreto non fosse stato adottato entro dodici mesi dall’entrata in vigore della legge di conversione.
  • Si ricorda che il legislatore, in sede di conversione del d.l. 12 settembre 2014 n. 132 con legge 10 novembre 2014, n. 162, ha modificato gli articoli 518, sesto comma, 543, quarto comma, 557 cod. proc. civ., introducendo l’obbligo di deposito della nota di iscrizione a ruolo nei processi espropriativi; inoltre, ha inserito nelle disposizioni di attuazione al codice di procedura civile l’art. 164 –ter att.cod. proc. civ., prevedendo l’inefficacia del pignoramento per mancato deposito, nei termini stabiliti, della nota di iscrizione a ruolo nei processi di espropriazione forzata e la cancellazione della trascrizione del pignoramento sulla base della dichiarazione del creditore pignorante del mancato deposito; su queste modifiche cfr. la segnalazione novità “La nuova ipotesi di inefficacia del pignoramento e la cancellazione della trascrizione del pignoramento sulla base della dichiarazione ad opera del creditore pignorante”, in CNN Notizie del 28 gennaio 2015, a firma di L.Piccolo.
  • Si rammenta che la disciplina sulla dichiarazione del terzo, solo l’anno scorso, era stata oggetto della l. 162/2014, la quale aveva previsto che la dichiarazione del terzo potesse essere resa in ogni caso a mezzo lettera raccomandata o posta elettronica certificata, eliminando in sostanza la necessità della comparizione in udienzadel terzo prevista (ormai soltanto) per i crediti impignorabili di cui all’art. 545 cod.proc.civ. salvo che in caso di mancata comunicazione della dichiarazione. L’art. 548 cod.proc.civ., prima della modifica in discorso recitava: “quando all’udienza il creditore dichiara di non aver ricevuto la dichiarazione, il giudice, con ordinanza, fissa un’udienza successiva. L’ordinanza è notificata al terzo almeno dieci giorni prima della nuova udienza. Se questi non compare alla nuova udienza o, comparendo, rifiuta di fare la dichiarazione, il credito pignorato o il possesso del bene di appartenenza del debitore, nei termini indicati dal creditore, si considera non contestato ai fini del procedimento in corso e dell’esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione e il giudice provvede a norma degli articoli 552 o 553.”
  • E’ doveroso ricordare che la necessità di ordine costituzionale di introdurre un sistema generale e atipico di misure coercitive era stata avvertita da tempo da parte della dottrina, soprattutto – ma non solo – in ordine a situazioni sostanziali quali le libertà personali e i diritti della personalità, che, nel momento in cui soffrono una violazione, producono un danno non suscettibile di essere adeguatamente riparato nelle forme dell’equivalente monetario, e che, dunque, necessitano di una tutela di tipo preventivo. L’art. 614-bis, come introdotto nel 2009, sebbene salutato con favore per aver finalmente previsto nel nostro ordinamento uno strumento generale finalizzato ad assicurare l’adempimento delle obbligazioni civili non suscettibili di esecuzione forzata diretta, ha dato luogo a numerosi dubbi interpretativi Tra le diverse questioni interpretative sollevate dalla formulazione della norma, si ricordano le discussioni in ordine: all’applicabilità della misura coercitiva a tutti i provvedimenti condannatori o esclusivamente alle sentenze di condanna; al momento ultimo per la presentazione dell’istanza; alla sindacabilità o meno della concessione o del rifiuto della misura in sede di impugnazione; al se occorra restituire la relativa somma eventualmente riscossa al convenuto che risulti vittorioso in sede di impugnazione.
  • La dottrina maggioritaria, esaminando la norma all’indomani della riforma del 2009, ha limitato l’ambito applicativo delle misure coercitive agli obblighi di fare infungibili e di non fare, alla luce della sia rubrica, cui ha attribuito carattere vincolante in quanto parte integrante della disposizione normativa, sia del dato sistematico e della collocazione topografica della stessa (posta nel titolo IV del libro III, dedicato alla esecuzione degli obblighi di fare e di non fare). C, ex multis, a.Proto Pisani, Appunti sulla tutela di condanna (trentacinque anni dopo), in Foro it., 2010, 258; M.Bove,La misura coercitiva di cui all’art. 614 bis c.p.c., in Riv. trim. dir. proc. civ., 2010, 783; A.Chizzini, Sub art. 614 bis, in G.Balena-B.Caponi- A.Chizzini-S.Menchini, La riforma della giustizia civile. Commento alle disposizioni della legge sul processo civile n. 69/2009, Torino, 2009, 164; Merlin, Prime note sul sistema delle misure coercitive pecuniarie per l’attuazione degli obblighi infungibili nella l. 69/2009, in Riv. dir. proc., 2009, 1159; B.Gambineri, Attuazione degli obblighi di fare infungibile e di non fare, in Foro it., 2009, V, 320 ss. Parte della dottrina, invece, ha dato prevalenza al testo rispetto alla rubrica ma, interpretando la norma alla luce della sua collocazione sistematica, l’ha ritenuta applicabile con riferimento a tutti i provvedimenti di condanna che abbiano ad oggetto obblighi di fare o di non fare, siano essi suscettibili o meno di esecuzione per surrogazione. Si tratta dell’opinione di S. Chiarloni, Le nuove misure coercitive ai sensi dell’art. 614-bis c.p.c., in Il libro dell’anno del diritto Treccani, Roma, 2012, p. 704 (il quale, peraltro, in questo senso muta l’opinione che aveva seguito in un primo momento, cfr. S. Chiarloni, Aggiornamento alla l. 18 giugno 2009, in Le recenti riforme del processo civile, Bologna, 2009, 1), secondo cui non può condividersi l’assunto in base al quale esisterebbe un nesso di alternazione esclusiva tra esecuzione per surrogazione ed esecuzione indiretta, nel senso che dove sia prevista la prima, non possa trovare ingresso la seconda e viceversa.
  • La legge di conversione ha eliminato l’erroneo riferimento alla lettera b) dell’art. 12 contenuta nell’art. 23, comma 6, del dl. n. 83.
  • L’inciso “dal giudice o dal professionista delegato” è stato introdotto dalla legge di conversione.